Il DVR è un documento obbligatorio per ogni azienda con almeno un dipendente, come indicato da D.Lgs.81/2008, che individua i possibili rischi presenti in un luogo di lavoro e serve ad analizzare, valutare e cercare di prevenire le situazioni di pericolo per i lavoratori. A seguito della valutazione dei rischi, infatti, viene attuato un preciso piano di prevenzione e protezione con l'obiettivo di eliminare, o quantomeno ridurre, le probabilità di situazioni pericolose.
Il documento contiene tutte le informazioni dell'azienda, l'analisi dei possibili rischi e l'attribuzione di probabilità e danno. Si valuta quindi la probabilità di accadimento di un evento dannoso per i lavoratori, si calcola l'entità del danno che ne può derivare e si suggeriscono concrete misure di prevenzione e protezione.
Per emettere tale documento si effettuano rilievi e sopralluoghi presso le aziende per poter conoscere la realtà lavorativa, si fa riferimento a dati forniti dall'azienda stessa e si analizzano i singoli rischi tramite rilevamenti strumentali.
La valutazione del rischio biologico è la possibilità che, in seguito ad esposizione o contatto ad agenti biologici, un soggetto possa infettarsi e poi ammalarsi Viene effettuata dal Datore di Lavoro ai sensi delle vigenti norme in materia e costituisce parte integrante del documento di valutazione dei rischi redatto. Per agente biologico, si intende qualsiasi microrganismo che potrebbe provocare infezioni, allergie o intossicazioni. La pericolosità degli agenti biologici è definita in base ad alcuni fattori:
La trasmissione di agenti biologici al lavoratore può avvenire attraverso:
Gli agenti biologici possono arrivare all’uomo tramite acqua, terreno, polveri, animali, rifiuti, superfici ambienti, attrezzature e oggetti (in particolare se di uso comune). Pertanto il rischio biologico è uno dei pericoli, evidenti o latenti che siano, ai quali si può andare incontro in un luogo di lavoro.
La valutazione dell’esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni, essendo parte integrante del documento di cui all’art. 17 del D.Lgs. 81/08, è uno strumento utile per la definizione di misure tecniche, organizzative e procedurali atte a tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori.
Ai fini della protezione da agenti cancerogeni e mutageni il Titolo IX, Capo II– Sostanze Pericolose, D.Lgs. 81/2008 e s.m.i., il datore di lavoro che utilizza agenti cancerogeni/mutageni, quali definiti dall’art. 234, è tenuto, ai sensi del successivo art. 235, ad evitare o ridurre l’utilizzazione dell’agente cancerogeno o mutageno sul luogo di lavoro, mediante varie misure.
In base all'art. 236, il Datore di Lavoro ha l'obbligo di effettuare la valutazione dei rischi di esposizione dei lavoratori preliminarmente, di aggiornarla periodicamente in funzione di modifiche sostanziali nel frattempo intercorse e di prendere, in base alle risultanze, tutte le misure di prevenzione e protezione collettive ed individuali necessarie a rendere minimo il rischio.
Il rischio chimico all’interno degli ambienti di lavoro è molto più diffuso di quanto si possa pensare ad una prima valutazione; a differenza di quanto si creda, infatti, non ne sono interessate esclusivamente le industrie chimiche o le raffinerie, o i laboratori di ricerca e sintesi, bensì una più vasta casistica di attività lavorative. Pertanto, il Titolo IX del D.Lgs. 81/08, Capo I – Protezione da agenti chimici, come definizione di agente chimico, all'art. 222 indica tutti gli elementi o composti chimici, sia da soli sia nei loro miscugli, allo stato naturale o ottenuti, utilizzati o smaltiti, compreso lo smaltimento come rifiuti, mediante qualsiasi attività lavorativa, siano essi prodotti intenzionalmente o no e siano immessi o no sul mercato.
Una così elevata presenza di sostanze chimiche, anche potenzialmente pericolose, comporta una diffusione del rischio chimico nei luoghi di lavoro ed un corrispondente rilevante numero di lavoratori esposti, a volte, in modo del tutto inconsapevole.
Attraverso l’individuazione dei prodotti chimici utilizzati e l’analisi delle relative schede di sicurezza, delle fasi delle lavorazioni, l’individuazione delle persone esposte l'effettuazione dei campionamenti ambientali e altro, elaboriamo il documento di valutazione del rischio chimico.
La valutazione viene effettuata con il modello Al.Pi.Ris.Ch. (Algoritmo Piemontese Rischio Chimico), per quanto riguarda il Rischio Chimico Salute mentre per il Rischio Chimico Sicurezza si utilizza il modello dell'allegato II, linee direttrici pratiche non obbligatorie direttiva agenti chimici 98/24/CE.
Per luogo di lavoro si intende i luoghi destinati a ospitare posti di lavoro, ubicati all’interno dell’azienda o dell’unità produttiva, nonché ogni altro luogo di pertinenza dell'azienda o dell'unità produttiva accessibile al lavoratore nell’ambito del proprio lavoro.
Attraverso l'analisi dei luoghi di lavoro, si intende verificare se i locali che vengono destinati a contenere lavoratori sono conformi alla normativa vigente, ovvero al Titolo II del D.Lgs. 81/08.
La valutazione dei luoghi di lavoro è schematizzata in schede valutative, suddivise per reparti o per zone omogenee e comprende i seguenti argomenti:
Il rischio ATEX è un’analisi approfondita delle situazioni di rischio legate alla presenza di materie potenzialmente esplosive: polveri di vario tipo, dalla farina ai metalli e sostanze chimiche volatili che per loro natura abbiano dei limiti di esplosività.
La valutazione ATEX ha lo scopo di individuare e valutare i rischi di esplosione, illustrando tra l'altro il tipo e l’estensione delle eventuali zone pericolose individuate, intendendo tali gli spazi dei luoghi pericolosi, circostanti o prossimi alle potenziali sorgenti di emissione che, in relazione alla frequenza di formazione ed alla permanenza di un’atmosfera esplosiva, richiedono l’adozione di misure tecniche e provvedimenti di protezione al fine di evitare l’accensione di atmosfere esplosive.
Secondo l’art. 293 del D.Lgs 81/2008, le aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive in quantità tali da richiedere particolari provvedimenti di protezione per tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori interessati sono ripartite in zone in base alla frequenza e alla durata della presenza di atmosfere esplosive.
Per la classificazione delle aree si fa riferimento alle norme tecniche armonizzate relative ai settori specifici, tra le quali la CEI 31-87 (Guida CEI 31-35) per atmosfere esplosive in presenza di gas e la CEI 31-88 (Guida CEI 31-56) per atmosfere esplosive in presenza di polveri combustibili.
La valutazione del rischio da campi elettromagnetici evidenzia e rileva quelli di origine antropica, dovuti alla presenza di sorgenti all’interno dell’azienda, ai fini della protezione dai rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori.
Un campo elettromagnetico è una perturbazione dello spazio, data dalla combinazione dei campi elettrico e magnetico variabili, che può generare effetti nocivi a breve termine conosciuti nel corpo umano, derivanti dalla circolazione di correnti indotte e dall’assorbimento di energia, nonché da correnti di contatto.
Il D.Lgs. 159/2016 definisce i limiti di esposizione e i valori di azione definiti dalla direttiva europea 2013/35/UE, alla luce degli studi scientifici presentati dall’ICNIRP nel 2010, riguardanti gli effetti sulla salute dell’esposizione alle radiazioni elettromagnetiche. Il decreto determina i requisiti minimi per la protezione dei lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza derivanti dall'esposizione a campi elettromagnetici (da 0 Hz a 300 GHz) durante il lavoro e stabilisce inoltre gli aspetti da tenere in considerazione nella valutazione del rischio.
Vengono effettuati rilievi strumentali ed elaborati i dati secondo il metodo del picco ponderato, tenendo conto dell’esposizione sia per i lavoratori e che per la popolazione, ovvero tutte quelle persone che risultano particolarmente sensibili a tale rischio secondo la definizione dell’art. 183 del DLgs 81/08.
Per movimentazione manuale si intende qualsiasi tipo di attività che comporti operazioni di sollevamento di un peso, ma anche le azioni di trasporto, che possano dare origine a disturbi e patologie soprattutto a carico della colonna vertebrale, ma anche a carico delle articolazioni e dei muscoli. Con il D.Lgs. 81/2008 la movimentazione manuale dei carichi è disciplinata dal Titolo VI e dall'allegato XXIII nel quale si fa riferimento alla norma ISO 11228 come riferimento a norme tecniche.
Si utilizza per il calcolo del rischio da sollevamento e spostamento il metodo NIOSH. Questo ha il vantaggio di poter essere applicato sia a compiti semplici che ad attività composte da più operazioni successive, ed, a partire da un carico massimo sollevabile in condizioni ottimali, arriva a determinare un indice numerico di rischio, corretto applicando diverse caratteristiche peggiorative del movimento (forma del peso, posizione del baricentro, dislocazione angolare e distanza da percorrere) e tenendo conto del genere e dell’età del lavoratore esposto.
Gli elementi che sono da considerare e che contribuiscono alla definizione del livello di rischio connesso alla attività di movimentazione manuale dei carichi, sono:
La valutazione microclimatica è importante in tutti gli ambienti di lavoro e la stessa normativa sulla tutela della salute e sicurezza dei lavoratori, il D.Lgs.81/2008, classifica nel Titolo VIII (art. 180) il microclima tra gli agenti fisici che, ai sensi dell’art. 181, devono essere compresi nella valutazione dei rischi. Benché mancante di un capo specifico (come altri agenti fisici), il microclima deve essere valutato con riferimento alle norme di buona tecnica (UNI, ISO ecc.) ed alle buone prassi in modo da identificare ed adottare le più adeguate misure di prevenzione e protezione.
Per microclima si intende quel complesso di parametri fisici (temperatura dell’aria, temperatura media radiante, velocità dell’aria, umidità relativa) che insieme a parametri quali attività metabolica ed abbigliamento caratterizzano gli scambi termici tra ambiente e lavoratori, è un elemento molto importante di ogni valutazione dei rischi. Infatti l’ambiente termo-igrometrico in cui opera un lavoratore non solo può comprometterne la sicurezza e salute, ma può essere non adeguato alla attività e creare vere e proprie sensazioni di disagio (discomfort).
Dal punto di vista termico, si possono identificare diverse tipologie di ambiente:
L’illuminazione degli ambienti di lavoro deve essere valutata sulla base delle varie attività previste; l’allegato IV (Requisiti dei luoghi di lavoro) del D.Lgs. 81/2008 riporta molte indicazioni sull’illuminazione naturale e artificiale degli ambienti di lavoro. L'illuminazione di un ambiente di lavoro deve essere tale da soddisfare esigenze umane fondamentali quali:
L'elenco dei requisiti illuminotecnici per i posti di lavoro in interni, che corrispondono alle esigenze di comfort visivo e di prestazione visiva, vengono trattati con particolare dettaglio dalla norma UNI EN 12464-1:2011, dove si identifica l’ illuminamento medio mantenuto (Em) per alcuni ambienti e attività di lavoro.
Il D.L.gs. 81/08 all’articolo 173 del Titolo VII definisce videoterminale uno schermo alfanumerico o grafico, a prescindere dal procedimento di visualizzazione utilizzato, e il lavoratore che lo utilizza più di 20 ore settimanali viene definito videoterminalista.
L’Allegato XXXIV fornisce i requisiti minimi che devono avere le postazioni a videoterminale al fine di prevenire l’insorgenza dei disturbi muscolo-scheletrici e l’affaticamento visivo e mentale.
Per questo motivo è importante valutare l’applicazione dei principi ergonomici e l’adozione di comportamenti adeguati da parte degli utilizzatori dei videoterminali, al fine di evitare quei problemi (affaticamento visivo, disturbi muscolo-scheletrici, stress), legati all’uso di questo strumento di lavoro.
Per evidenziare una situazione conforme alle prescrizioni legislative si tiene conto delle caratteristiche dell’attrezzatura, come schermo, tastiera, piano di lavoro, sedile di lavoro, per definirne il corretto uso.
Si considerano inoltre fattori di carattere ambientale che possono incidere sulla valutazione del video terminale, come illuminamento, microclima e spazio adeguato.
Come tutte le attività lavorative responsabili di determinare patologie muscolo-scheletriche, la movimentazione manuale eseguita trainando o spingendo un oggetto (con o senza ruote), se condotta in assenza di requisiti ergonomici (condizioni non ottimali e di tempi di recupero insufficienti), può creare i presupposti per determinare lesioni a carico delle strutture degli arti superiori e della schiena.
Un improprio impiego di un carrello può comportare concreti rischi di sovraccaricare l’apparato muscolo-scheletrico e, conseguentemente, può aumentare la probabilità di maturare, in un periodo medio-lungo, patologie da sovraccarico biomeccanico.
Per tale motivo è importante valutare ed esaminare nel dettaglio tutti gli elementi che concorrono a determinare tale rischio ed eventualmente progettare o riprogettare le attività lavorative.
Si deve fare riferimento al titolo VI del D.Lgs. 81/2008, dove l’articolo 168 sancisce che la valutazione deve essere effettuata tenendo conto dell'allegato XXXIII; in quest’ultimo sono indicati gli elementi di riferimento relativi alle attività in questione:
Si individuano inoltre le norme tecniche (ove applicabili) o, in subordine, le buone prassi e le linee guida. A questo proposito, l’allegato XXXIII indica la norma tecnica ISO 11228-2, relativa alle operazioni di spinta e di traino di un carico, quale riferimento primario per la valutazione in questione, tenendo conto delle modifiche apportate dal ISO/TR 12295.
L’articolo 15 del D.Lgs 81/2008 mantiene l’obbligo del “rispetto dei principi ergonomici nell’organizzazione del lavoro, nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e produzione in particolare al fine di ridurre gli effetti sulla salute del lavoro monotono e quello ripetitivo”.
È evidente che il richiamo della legge ha un duplice scopo: da un lato assicurare che il rispetto dei principi ergonomici conduca alla prevenzione dei disturbi fisici collegati ad un cattivo disegno del sistema organizzato del lavoro, dall’altro che vengano messe in opera specifiche misure collegate all’attenuazione dei compiti contraddistinti da maggiore monotonia e ripetitività.
Il protocollo OCRA (OCcupational Repetitive Action) è un metodo di valutazione del rischio da sovraccarico biomeccanico determinato dallo svolgimento di movimenti ripetuti degli arti superiori. Per via della sua versatilità e del dettaglio che permette di raggiungere, viene considerato il metodo primario di valutazione dettagliata del rischio dalla norma UNI ISO 11228-3.
L’applicazione del metodo si basa sull’individuazione delle singole fasi della lavorazione.
Si distinguono:
ll fulmine per definzione, è una forte scarica elettrica che avviene nell’atmosfera e che si instaura fra due corpi con una grande differenza di potenziale elettrico. I fulmini colpiscono la superficie terrestre circa 100 volte al secondo; ogni anno si verificano circa 750.000 fulmini che per brevissimi instanti possono raggiungere temperature elevatissime (fino a 30.000°C).
Gli edifici possono essere soggetti alla scarica di un fulmine con conseguenti danni a persone, animali e cose; è pertanto necessario affrontare i fulmini in termini di rischio e cercare tutte le misure di prevenzione più idonee per evitare pericoli e conseguenze. Nelle attività lavorative tale valutazione del rischio fulminazione è appositamente richiesta dal testo unico sulla sicurezza (dlgs 81/2008). La necessità di sistemi di protezione dai fulmini scaturisce, quindi, dal processo di valutazione del rischio i cui out-put sono: il confronto con il rischio tollerabile ed eventualmente , se necessario, la scelta e l’adozione di un’opportuna protezione dai fulmini (LP), per la riduzione del rischio.
Il D.Lgs. 81/2008 stabilisce che la Valutazione dei Rischi deve fare riferimento a tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a Stress Lavoro Correlato.
Le possibili conseguenze derivanti dall’insorgenza dei disturbi da stress lavoro correlato possono riscontrarsi in danni sia psicologici che fisici per i lavoratori, con possibili assenze prolungate dal luogo di lavoro, stati di malessere e disturbi di tipo psico sociale. Le linee guida per la valutazione del Rischio da Stress Lavoro Correlato sono disciplinate all’interno dell’accordo quadro Europeo dell’8 ottobre 2004 e sono state recepite in Italia da una serie di orientamenti e indicazioni istituzionali successivi, in modo da poter definire i criteri e la metodologia condivisa per l’elaborazione di profili di rischio.
Il percorso di valutazione deve tenere conto dei fattori di esposizione, è un’analisi complessa e articolata che richiede il coinvolgimento di diversi attori della sicurezza e la partecipazione di consulenti esperti. Un percorso al termine del quale il Datore di Lavoro dovrà elaborare misure preventive volte a ridurre gli agenti di rischio.
La valutazione del rischio vibrazioni richiede di analizzare tutti quei fenomeni che sollecitano il sistema ‘mano-braccio’ e il sistema ‘corpo intero’, si indicano le norme tecniche idonee alla valutazione dei rischi connessi all’utilizzazione di macchine vibranti che interessano un solo braccio o entrambe le braccia contemporaneamente (UNI EN ISO 5349) e le norme idonee alla valutazione dei rischi connessi all’utilizzazione di mezzi vibranti e al rischio vibrazioni sul corpo intero (UNI ISO 2631). Le vibrazioni possono comportare un rischio per la salute e la sicurezza dei lavoratori, sia quelle trasmesse al sistema mano-braccio nell’uomo, in particolare disturbi vascolari, osteoarticolari, neurologici o muscolari, che quelle trasmesse al corpo intero, in particolare lombalgie e traumi del rachide.
Per valutare il rischio da vibrazioni, sia corpo intero che mano braccio, si considerano tutte le caratteristiche della sorgente vibrante, l’intensità (espressa in m/s2) della vibrazione emessa e il tempo d’esposizione del soggetto esposto. Per misurare le vibrazioni si utilizza un accelerometro posizionato sulla superficie vibrante, in grado di rilevare le oscillazioni provenienti della superficie stessa, trasformandole in segnali elettrici.
Si considera poi il livello giornaliero massimo ricorrente, al fine di ottenere una stima sufficientemente cautelativa dell’esposizione.
La prevenzione incendi si prefigge lo scopo di individuare e valutare i rischi di incendio ed esplosione, illustrando il tipo e l’estensione delle eventuali zone pericolose individuate, intendendo tali gli spazi dei luoghi pericolosi, circostanti o prossimi alle potenziali sorgenti di emissione che, in relazione alla frequenza di formazione ed alla permanenza di un’atmosfera esplosiva, richiedono l’adozione di misure tecniche e provvedimenti di protezione al fine di evitare l’accensione di atmosfere potenzialmente esplosive. il procedimento, sostanzialmente, si articola nella:
Le radiazioni ionizzanti sono costituite da radiazioni corpuscolare chiamate alfa e beta e da radiazioni elettromagnetiche, della stessa natura della luce o delle onde radio, chiamate raggi x o gamma. Con radiazione si intende la propagazione di energia attraverso lo spazio o un qualunque mezzo materiale, sotto forma di onde o di energia cinetica propria di alcune particelle.
Il termine ionizzante indica la capacità di queste radiazioni di rompere i legami atomici e molecolari della materia bersaglio in cui interagiscono modificandone lo stato chimico. Il Decreto Legislativo n° 100 del 01 giugno 2011, recante disposizioni integrative e correttive del D.lgs. 23/2009, di attuazione della direttiva 2006/117/Euratom relativa alla sorveglianza e al controllo delle spedizioni di rifiuti radioattivi e di combustibile nucleare esaurito.
La nuova disciplina obbliga infatti tutti i soggetti che a scopo industriale o commerciale esercitano attività di importazione, raccolta, deposito o che esercitano operazioni di fusione di rottami o altri materiali metallici di risulta nonché i soggetti che a scopo industriale o commerciale esercitano attività di importazione di prodotti semilavorati metallici, di far effettuare delle rilevazioni radiometriche per misurare la presenza di livelli anomali di radioattività.
Per radiazioni ottiche si intendono tutte le radiazioni elettromagnetiche nella gamma di lunghezza d'onda compresa tra 100 nm e 1 mm. Lo spettro delle radiazioni ottiche si suddivide in radiazioni ultraviolette, radiazioni visibili e radiazioni infrarosse.
La valutazione del rischio da radiazioni ottiche artificiali, effettuata per mezzo di misure strumentali delle sorgenti di radiazioni ottiche, dovrà verificare il rispetto dei valori limite di esposizione riportati nell'allegato XXXVII del D.Lgs.81/2008, sia per le radiazioni ottiche artificiali incoerenti che per le radiazioni ottiche artificiali coerenti (laser).
L'Art. 216 prescrive infatti che nell'ambito della valutazione dei rischi, di cui all'articolo 181, il datore di lavoro valuta e, quando necessario, misura e/o calcola i livelli delle radiazioni ottiche a cui possono essere esposti i lavoratori.
Il rischio da radiazioni ottiche artificiali è piuttosto diffuso, in quanto diverse sorgenti artificiali di radiazioni ottiche possono essere presenti nei luoghi di lavoro, in modo più frequente soprattutto in particolari comparti produttivi, ad esempio saldatrici.
I principali rischi per la salute dell'uomo derivanti da un'eccessiva esposizione a radiazioni ottiche (sia artificiali che naturali) riguardano essenzialmente due organi bersaglio: l'occhio, in tutte le sue parti (cornea, cristallino e retina), e la cute, determinando ustioni o fotosensibilizzazione.
Gli effetti uditivi hanno come organo bersaglio l’apparato uditivo, con una possibile compromissione e recupero incompleto delle funzionalità uditive. Ai fini della prevenzione di tali effetti vanno applicati i criteri valutativi ed i valori di azione prescritti dal D.lgvo 81/08 Titolo VIII Capo II.
L’art.190 del D.Lgs.81/2008 impone al datore di lavoro di effettuare una valutazione del rumore all’interno della propria azienda al fine di individuare i lavoratori esposti al rischio ed attuare gli appropriati interventi di prevenzione e protezione della salute.
La valutazione del rischio deve essere effettuata da persona qualificata in tutte le aziende, indipendentemente dal settore produttivo, nelle quali siano presenti lavoratori subordinati o equiparati ad essi; nei casi in cui non si possa fondatamente escludere che siano superati i valori inferiori di azione (LEX>80 dB(A) o Lpicco,C > 135 dB(C)) la valutazione deve prevedere anche misurazioni effettuate secondo le appropriate norme tecniche (UNI EN ISO 9612:2011 e UNI 9432:2011).
Per le situazioni nelle quali è evidente che l’esposizione a rumore è trascurabile si può ricorrere alla cosiddetta “giustificazione” che non è necessario approfondire la valutazione del rischio oppure, in casi un po’ più dubbi, ci si può limitare ad alcune misurazioni tali da poter escludere il superamento dei valori inferiori d’azione anche per i lavoratori più a rischio.
L’ergonomia è la disciplina scientifica che affronta i numerosi e complessi problemi emergenti dai rapporti che intercorrono tra l'uomo e l'ambiente in cui egli vive e lavora, allo scopo di realizzare, attraverso la promozione di nuove posizioni di studio, di ricerca e di applicazione, condizioni di vita e di lavoro che meglio si armonizzino con le capacità e i limiti dell'uomo.
L'ergonomia, quindi, indaga e analizza i rapporti fra sistemi (uomo - macchina; uomo - ambiente; uomo - uomo; uomo - macchina - ambiente), i quali s'integrano scambievolmente e reciprocamente. Per quanto attiene la componente "uomo" l'anatomia e l'antropologia, determinando le principali caratteristiche del corpo umano in senso statico e dinamico, forniranno i dati indispensabili per un migliore ordinamento del posto e degli strumenti di lavoro durante l'esecuzione del compito, dell'accessibilità dei comandi, della percezione dei segnali.
A tal proposito la Medicina del Lavoro e l'Igiene del Lavoro apportano le loro specifiche competenze sia per quanto concerne la protezione dei lavoratori contro tutti i rischi sia per realizzare condizioni ambientali che non rechino danno alla salute mentre, la Psicologia del Lavoro analizza i molteplici eventi che scaturiscono dai rapporti con il posto di lavoro, dai rapporti di gruppo, dai rapporti gerarchici, dalla politica e dall'organizzazione aziendale.
L’art. 71 del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. definisce gli obblighi del Datore di lavoro relativamente alle macchine e attrezzature messe a disposizione dei lavoratori. Tale articolo prescrive che le macchine e attrezzature di lavoro siano sicure al
momento della scelta e messa a disposizione dei lavoratori e che rimangano adeguate nel tempo, grazie ad una loro idonea manutenzione. La nuova direttiva macchine 2006/42/CE prescrive che le macchine immesse sul mercato prima del 21/09/1996, devono rispettare i requisiti generali di sicurezza riportati nell’Allegato V del D.Lgs.81/2008, per quelle immesse sul mercato successivamente al 21/09/1996l’effettiva conformità o meno della macchina alle direttive di riferimento che ne consentono la marcatura CE, spetta al Fabbricante o al suo Mandatario che immette il prodotto sul mercato.
Tuttavia tra gli obblighi del Datore di lavoro vi è quello di mettere a disposizione dei lavoratori delle macchine conformi al sopra citato art.71 del D.Lgs. 81/2008 e quindi quello di mettere a disposizione dei lavoratori, macchine e attrezzature di lavoro sicure che siano effettivamente conformi e non che siano semplicemente marcate CE, individuando le eventuali non conformità o carenze attraverso una specifica valutazione dei rischi: la valutazione della sicurezza macchine.